giovedì 17 gennaio 2008

Per gli interisti













IL PARADISO DEL DIAVOLO

1899 • In una sera tra il 16 e il 18 dicembre nasce il Milan, sotto il nome di "Milan Cricket and Football Club", presso la fiaschetteria toscana di Via Berchet da parte di alcuni amici inglesi (Edwards, Kilpin, Nathan, Davies, Allison) e italiani (Pirelli, Angeloni, Dubini, Valerio, Camperio). Vengono scelti come colori sociali il rosso e il nero perché, secondo il capitano Herbert Kilpin: "dovremo essere diavoli e fare paura a tutti". Come presidente viene proclamato l'inglese Alfred Edwards.
1900 • Il Milan si iscrive al campionato federale e purtroppo viene subito eliminato dall'F.C. Torinese (un club destinato presto ad eclissarsi) con un deciso 3-0. Nello stesso anno vince il suo primo trofeo, la medaglia del Re, voluto da Umberto I, sconfiggendo i cugini della Mediolanum.
1901 • Viene conquistato il primo titolo di Campione d'Italia, battendo in finale i fortissimi giocatori del Genoa per 1-0, a soli due anni dalla fondazione. Questo sarà l'ultimo campionato organizzato in modo precario e dilettantistico (pensate che non esistevano neppure le reti alle porte e si giocava su qualsiasi tipo di campo, compreso il ciottolato delle piazze).
1902 • Il Milan partecipa direttamente alla finale, in quanto detentore del titolo, nella quale affronta il Genoa che ha superato le eliminatorie. Nonostante il vantaggio acquisito, la formazione di Kilpin viene sconfitta 2-0.
1903 • Viene confermato il Genoa "Campione d'Italia". Il Milan non riesce a superare le eliminatorie.
1904 • Per la terza volta consecutiva il Genoa conquista il titolo. Il Milan ancora non supera le eliminatorie.
1905 • A causa dell'aumento delle squadre iscritte, vengono istituiti dei gironi eliminatori suddivisi per regione e viene eliminata la qualificazione automatica alla finale della squadra detentrice del titolo. Il Milan partecipa nel girone lombardo e si classifica al secondo posto, non qualificandosi. Nel frattempo la società si trasforma in "Milan Football Club", specializzandosi così unicamente nel calcio.
1906 • Vince il suo secondo scudetto, ma con polemiche. Dopo essersi qualificato al girone finale, si classifica a pari merito con la Juventus. Secondo il regolamento, si deve effettuare lo spareggio sul campo di chi ha segnato più reti, senza contare le vittorie a tavolino. In questo caso il conteggio era a favore della Juventus (5-4), e di conseguenza si disputa una partita a Torino che finisce 0-0. La federazione decide che la partita deve essere ripetuta ancora in un campo favorevole alla squadra torinese. Il Milan contesta la decisione, protestando anche contro il non-conteggio dei due gol assegnati dopo il ritiro del Genoa. Vengono accolte le motivazioni del reclamo, e così si opta per il campo neutro della Mediolanum. La reazione della Juventus alla decisione è negativa, per i dirigenti è: "inaccettabile considerare il campo della Mediolanum come neutrale", e quindi il 6 maggio 1906 la squadra non si presenta a Milano e viene dichiarata sconfitta 2-0 (e di conseguenza il Milan è nuovamente campione).
1907 • Vince il terzo scudetto, secondo consecutivo, dominando il campionato. Vanno segnalate le vittorie contro l'U.S. Milanese per 6-0 e contro l'Andrea Doria per 5-0. La rivelazione della squadra è Attilio Trerè, che dopo l'esordio tra i pali, conquista il centrocampo scatenando la propria natura di fantasista.
1908 • La federazione decide di non accettare più giocatori stranieri nel nostro campionato. Immediate sono le reazioni delle società di fondazione anglosassone (Milan, Genoa, Torino) che abbandonano il torneo per frequentarne un'altro di autonomo, appoggiate anche dalla Juventus, che non ha però alcun seguito dal pubblico. Il Milan entra in una profonda crisi societaria, dalla quale 43 dirigenti dissidenti decidono di staccarsi fondando una nuova società, tale Football Club Internazionale Milano.
1909 • Nonostante la riammessione in forma limitata degli stranieri, la Pro Vercelli, squadra costituita esclusivamente da vercellesi, domina il campionato nel quale il Milan si limita nella presenza di comparsa (non si qualifica alla fase finale). In questo stesso anno Alfred Edwards lascia la presidenza a Piero Pirelli.
1909/10 • Vince il titolo di campione la neonata Inter, tra gli insulti del pubblico, dopo uno spareggio-scandalo contro la Pro Vercelli (come protesta contro la federazione, che aveva fissato la data della partita nello stesso giorno in cui la squadra era già impegnata, la Pro schiera in campo una formazione di ragazzini). Il Milan si classifica settimo.
1910/11 • I fratelli Cervenini abbandonano la maglia rossonera per vestire quella nerazzurra per la cifra di 6000 lire annue (è il primo caso di ingaggio superpagato). Il campionato viene vinto dalla Pro Vercelli, il Milan arriva secondo nel Girone Ligure-Lombardo-Piemontese.
1911/12 • Vince ancora la straordinaria Pro Vercelli, il Milan si classifica secondo nel girone regionale.
1912/13 • Ennesimo campionato vinto dalla Pro Vercelli, il Milan comunque riesce a qualificarsi nel girone finale "Alta Italia", classificandosi quarto.
1913/14 • Il Milan si classifica terzo nel girone Lombardo-Piemontese. Lo scudetto viene vinto dal Casale.
1914/15 • Si qualifica al girone finale "Alta Italia", superando, sempre in prima posizione, il gruppo D delle eliminatorie e successivamente il gruppo B delle semifinali. Nel girone finale si confronta con l'Inter, il Genoa e il Torino, arrivando quarto. Passa il Genoa, che viene dichiarato campione poco prima dell'inizio della prima guerra mondiale.
1915/18 • Il campionato non viene disputato a causa della guerra.
1919/20 • Nonostante l'Italia sia stata stremata e ridotta in miseria dopo tre anni di guerra contro la Germania e l'Austria, riprende subito il campionato. Il Milan riesce a centrare la qualificazione al girone A delle semifinali interregionali, arrivando primo nel girone B Lombardo. Nel girone A arriva terzo, superato dagli onnipotenti del Genoa e della Pro Vercelli.
1920/21 • Come nella stagione precedente, il Milan riesce a superare l'eliminazione nel girone B, ma viene fermato in quarta posizione dall'Inter, il Legnano e l'U.S. Milanese.
1921/22 • Si disputano due campionati distinti, uno del C.C.I. e uno della F.I.G.C. Il Milan partecipa alle competizioni organizzate dal C.C.I., e si classifica ottavo. La Pro Vercelli si aggiudica il torneo C.C.I., la Novese quello F.I.G.C.
1922/23 • Si classifica quarto nel girone B "Lega Nord" e viene eliminato al primo turno. Il campionato viene vinto dal Genoa.
1923/24 • Anche in questa stagione il Milan non riesce a superare il girone eliminatorio B "Lega Nord" (settimo posto). Lo scudetto è del Genoa.
1924/25 • Purtroppo anche in questo campionato il Milan si ferma alle eliminatorie (8º nel girone B "Lega Nord"). Il Bologna si aggiudica il suo primo tricolore.
1925/26 • Nel campionato, vinto dalla Juventus, il Milan non và oltre il girone B "Lega Nord", dove si classifica settimo.
1926/27 Il 19 settembre viene inagurato il nuovo stadio di Milano, costruito presso il quartiere San Siro, fortemente voluto dal presidente Pirelli. Nel campionato non vi è nessun vincitore, nonostante sia stato disputato. Infatti il titolo vinto dal Torino, con 26 punti, è stato revocato. Il Milan arrivando secondo nel Girone B (proprio alle spalle del Torino), si qualifica al Girone Finale, dove però compie un passo indietro classificandosi ultimo.
1927/28 • Il campionato è regolare, viene vinto dal Torino. Non regolari invece sono le prestazioni rossonere, dove a risultati positivi si alternano eclatanti sconfitte. Si classifica sesto al Girone Finale.
1928/29 • Il titolo viene consegnato al Bologna. Il Milan arriva secondo nel proprio girone eliminatorio (A).
1929/30 • In questa stagione la federazione passa al professionismo, istituendo i campionati di "Serie A" e di "Serie B", di livello nazionale. In serie A vengono ammesse 18 squadre (tra cui il Milan) che si scontrano in un totale di 34 incontri. Con 50 punti vince l'Inter (ridenominata dal fascismo in "Ambrosiana"), i rossoneri si posizionano a metà classifica a 32 punti. Arriva un nuovo presidente, Luigi Ravasco.
1930/31 • Viene dichiarata campione la Juventus con 55 punti. Il Milan, con 31, si classifica 12º.
1931/32 • Quando si conclude il campionato, la Juve si ritrova ancora campione, ma anche il Milan dà segni di vita classificandosi quarto con 39 punti. Gli acquisti più rilevanti che hanno permesso questo risultato sono il terzino Bonizzoni, i centravanti Kossovel e Pastore
1932/33 • La stagione viene vinta dalla Juve. Nonostante il centravanti Romani segni 19 gol in tutto il campionato, il Milan si classifica 11º, a causa di evidenti problemi difensivi. Al termine della stagione la presidenza passa a Mario Benazzoli.
1933/34 • Per la quarta volta consecutiva la Juve diventa campione, al Milan resta la soddisfazione di avergli rifilato 3 gol (3-1) nello scontro diretto.
1934/35 • Viene ristretta la Serie A a sole 16 squadre, invece di 18. Gli incontri da disputare diventano quindi 30. Questo cambiamento non sembra giovare al Milan, che si ritrova a fine stagione in decima posizione. Nel gradino più alto la Juve.
1935/36 • Finalmente la Juventus non vince lo scudetto, a vantaggio del Bologna. Il Milan è ancora in una fase di delicata ricostruzione, anche a livello societario. Numerosi sono i nuovi arrivi: Zordan, Gabardo, Arnoni e Adolfo "Balon" Balonceri alla guida della panchina. Si classifica ottavo.
1936/37 • Il Milan vola in un più che dignitoso quarto posto, alle spalle di Bologna, Lazio e Torino, grazie sopratutto all'acquisto di Aldo Boffi, che diventerà uno dei più prolifici bomber milanisti. L'esordio di Boffi al Milan è datato 1º novembre 1926, il suo primo gol 29 novembre (contro il Novara). Cambia ancora il presidente della società (Pietro Annoni), a testimonianza degli evidenti problemi societari.
1937/38 • Il gioco espresso in questa stagione accende gli entusiasmi dei tifosi rossoneri. Oltre al terzo posto ottenuto a fine stagione, và segnalata la vittoria del Milan contro l'Ambrosiana, che si aggiudica lo scudetto (oltretutto sono praticamente dieci anni che il Milan non vince il derby). È l'inizio di un nuovo ciclo.
1938/39 • Il passo falso compiuto in questo campionato (9º posto, vince il Bologna) non rispecchia le effettive doti del Milan di Boffi, anzi meglio dire del "Milano" di Boffi (anche i rossoneri vengono colpiti dalle ferree norme fasciste, che vedono in "Milan" qualcosa di troppo anglossassone). Solo per questa stagione, Emilio Colombo (direttore della Gazzetta dello Sport) assume la presidenza.
1939/40 • Le novità più interessanti sono l'applicazione dei numeri sulle maglie dei giocatori e le 25 reti di Boffi (soprannominato il "bombardiere di Seregno"). Il Milan si classifica nono e lo scudetto viene vinto dall'Inter-Ambrosiana. Presidente diventa Achille Invernizzi.
1940/41 • Il 10 giugno 1940, dal balcone di piazza Venezia, Mussolini annuncia che l'Italia è in guerra. Al contrario della prima guerra mondiale, nella quale venne sospeso il campionato, si decide di giocare ugualmente la stagione calcistica. È questa una delle tante decisioni che dovrebbero distogliere l'attenzione dagli aspetti negativi della guerra: i caduti al fronte (era ancora vivo il ricordo dei massacri del 15-18). Per quanto riguarda il calcio, il Milan ottiene un buon risultato (3º posto, 1º Bologna). L'assetto societario finalmente si stabilizza, con il presidente Umberto Trabattoni.
1941/42 • La Roma vince il suo primo scudetto, molto voluto dallo stesso duce. In questa stagione arriva al Milan Giuseppe Meazza, addirittura scambiato gratis (perché all'Inter lo ritenevano finito ...) e segna 6 gol in 14 partite. L'esperienza al Milan fu solo una parentesi nella sua carriera nerazzurra.
1942/43 • Meritatamente vincono il torneo i granata del Torino, che potevano tranquillamente vincere anche la stagione precedente. L'"A.C. Milano" si classifica sesto.
1944/45 A causa dell'aggravarsi della guerra e dell'indebolimento del regime, non viene organizzato il campionato. In compenso vengono giocati dei modesti tornei locali in cui partecipa anche il Milan. Nel 1944 si classifica quinto nel Campionato Lombardo e nel 1945 si classifica sesto nel Torneo Benefico Lombardo.
1945/46 • La notte tra il 25 e il 26 aprile 1946 gli Alleati liberano Milano e pongono fine alla guerra. Il giorno seguente Mussolini viene ucciso ed esposto in piazzale Loreto: è la fine del fascismo. Una delle poche cose che sopravvivono alle bombe è proprio il calcio, che riprende subito in un campionato nazionale. Il "Milan Associazione Calcio", che ritorna a chiamarsi così, arriva quarto nel Girone "Alta Italia" e poi terzo nel Girone Finale, alle spalle di Torino e Juventus.
1946/47 • Riprende la Serie A, allargata a ben 20 squadre (38 incontri totali). Significativo il quarto posto ottenuto in questo campionato, alle spalle del Torino vincitore. I nuovi arrivi di questa stagione sono l'allenatore Giuseppe Bigogno e i giocatori Carapellese, Tosini, Annovazzi ed Ettore Puricelli). Soprattutto quest'ultimo ha contribuito di molto all'elevazione tecnica della squadra.
1947/48 • Constantemente il Milan continua a rafforzare i suo gioco, che comincia a dare i suoi primi frutti. Il secondo posto ottenuto comincia ad andare stretto ai rossoneri, ma nulla possono contro lo straordinario Toro di allora. Solo per questa stagione il campionato di Serie A si disputa tra 21 squadre.
1948/49 Il 4 maggio 1949 il mondo calcistico italiano viene scosso da una tragedia: l'aereo con a bordo i giocatori del Torino si schianta contro la Basilica di Superga. Tutti gli undici gioielli del Toro rimangono uccisi sul colpo. L'Inter e il Milan, secondi e terzi in questa stagione, decidono di lasciare lo scudetto ai granata nonostante manchino ancora 4 giornate alla fine del campionato.
1949/50 • Dopo la tragedia di Superga il campionato si trova senza una squadra di riferimento. Ne approfitta subito la Juventus (che diventerà maestra in questo) aggiudicandosi il titolo. Lo scettro di campione non resterà a lungo a Torino comunque; già in questa stagione il Milan si prepara a sferrare i propri colpi in un crescendo irresistibile. La coronazione del sogno si concretizza di colpo, proprio contro la vecchia signora bianconera, in cui il Milan si scopre forte, vincendo con uno storico 7-1. La "Fabbrica dei Gol" milanista (118 contro 100 della Juve) ha il nome degli svedesi Gunnar Gren, Gunnar Nordahl e Nils Liedholm (Gre-No-Li). L'arrivo di Nordahl a Milano è stato favorito da Agnelli, presidente juventino, per porre rimedio ad una scandalosa polemica nata dopo l'acquisizione di Ploeger, strappato a Trabattoni a suon di quattrini. L'acquisizione di Gren e Liedholm invece, sono frutto della trattativa diretta di Nordahl, entusiasta del clima rossonero.
1950/51 • Gli obiettivi del Milan in questa stagione sono chiari fin dall'inizio: riportare in bacheca il prestigioso scudetto dopo un digiuno di quarant'anni. Per sopperire ad alcune lacune difensive emerse nella stagione precedente, la società acquista il terzino Arturo Silvestri, detto "Sandokan", e conferma titolare il giovane portiere Lorenzo Buffon (padre dell'attuale portiere del Parma, Gianluigi Buffon) che aveva esordito la stagione precedente come sostituto dell'infortunato Milanese. Le scelte difensive danno i frutti sperati: a fine stagione il Milan, con 60 punti, si laurea campione davanti a Inter e Juventus. Gunnar Nordhal si aggiudica inoltre, per la seconda volta consecutiva, il titolo di capocannoniere.
1951/52 • Il Milan si classifica secondo con 53 punti, alle spalle della Juventus capolista.
1952/53 • Si torna a giocare con 18 squadre (34 incontri). Il Milan si classifica terzo, a quattro punti dalla vetta (43 a fine campionato) con la conduzione della panchina di Mario Sperone prima e Arrigo Morselli poi. Lo scudetto se lo aggiudica l'Inter.
1953/54 • Ancora la terza piazza per il Milan, che cambia ancora allenatore con Bela Guttmann. A fine stagione lasceranno il Milan il presidente Trabattoni e il centravanti Gren, che passerà alla Fiorentina.
1954/55 Dopo la figuraccia rimediata dall'Italia ai campionati del Mondo in Svizzera, l'allora presidente del Consiglio Giulio Andreotti proibisce agli stranieri, che non abbiano almeno lontani parenti italiani (detti oriundi), di partecipare al campionato, in modo da favorire i nostri giovani talenti. Uno dei pochi stranieri che rientra in questi parametri è il centravanti argentino Juan Alberto Schiaffino, il nuovo acquisto dell'altrettanto nuovo presidente Andrea Rizzoli. Gli altri ingaggi sono il mediano Bergamaschi e le mezze-ali Ricagni, Maldini e Soerensen. Dopo la rivoluzione del regolamento calcistico (che riduce da almeno tre a due gli uomini che si devono trovare oltre gli attaccanti avversari per non far scattare il fuori-gioco), il tecnico Herbert Chapmann dell'Arsenal inventa il modulo "WM", altrimenti detto "sistema", che viene subito adottato da tutti i tecnici, compreso quello rossonero Guttmann (il WM consiste nell'arretrare il centromediano sulla linea dei due terzini, che vanno a coprire le ali avversarie; i due mediani centrali si piazzano lateralmente a centrocampo, dietro ai due interni; il centravanti si posiziona davanti alle due ali esterne). Il Milan ha gli uomini giusti per attuare questo schema, che dà subito risultati eclatanti (4-0 alla Fiorentina, 8-0 al Genoa, 6-0 alla Spal, 3-1 alla Juve e 4-2 alla Lazio). Il trionfo nel campionato è totale, il Milan è campione per la quinta volta, Nordahl capocannoniere con 27 reti.
1955/56 • La Fiorentina di Bernardini si aggiudica lo scudetto, proponendo una squadra molto difensivista (forse la progenitrice del "catenaccio"). Il Milan si posiziona al secondo posto. I rossoneri in questa stagione, grazie alla conquista dello scudetto 1954\55, partecipano per la prima volta alla Coppa dei Campioni dove arrivano fino alla semifinale, fermati dal mitico Real Madrid. Come consolazione il Milan si aggiudica la Coppa Latina, comunque un trofeo di tutto rispetto.
1956/57 Dopo le lezioni imposte dalla Fiorentina nella stagione precedente a tutte le squadre, anche la società rossonera sceglie una formazione più accorta. Come allenatore viene proposto Gipo Viani, un difensivista convinto, prelevato dal Bologna dove ha ottenuto ottimi risultati. I primi movimenti di mercato, suggeriti dallo stesso Viani, sono la cessione di Nordahl alla Roma in cambio del centravanti Galli, l'acquisto di Soldan, Bren e Bredesen e la vendita di Ricagni e Soerensen. Tutte queste modifiche nell'assetto tattico della squadra lasciano molto scettici gli stessi giocatori, che stentano ad assimilare le direttive di Viani. L'inizio del campionato è decisamente preoccupante, il Milan incassa sconfitte clamorose; il rischio è una rivolta negli spogliatoi contro Viani. Così l'allenatore gioca tutto per tutto contro i campioni in carica della Fiorentina, proponendo una disposizione dei giocatori azzardata e mai provata prima (passata alla storia come "vianema"). Clamorosamente i viola perdono per 3-0, spianando la strada alle teorie di Viani e lanciando il Milan alla conquista del suo sesto scudetto.
1957/58 • In questa stagione Viani passa alla direzione tecnica, lasciando a Bonizzoni la panchina. Gli obbiettivi del Milan sembrano più orientati al successo europeo, che a quello italiano. Infatti mentre in campionato il Milan annaspa a metà classifica, in Coppa gli avversari capitolano uno dietro l'altro. Perfino in finale contro il Real Madrid, il Milan combatte alla pari contro Di Stefano, Gento, Kopa e Rial. Purtroppo, ai tempi supplementari, il Milan cede e lascia la vittoria ai madrileni (3-2). La solita Juventus opportunista approfitta del passo falso in campionato aggiudicandosi lo scudetto.
1958/59 • Il grande colpo del Milan in questa stagione è l'acquisto del brasiliano José Altafini, scoperto da Viani durante i Mondiali in Svezia. Esordisce contro il Monza, rimendiando fischi e insulti dai tifosi, non ancora convinti delle capacità offensive. Ma basta la partita successiva contro il Lugano, nella quale realizza quattro gol, per lanciare il giovane brasiliano e il Milan ai vertici della classifica. A fine stagione, con 52 punti, i rossoneri sono per la settima volta "Campioni d'Italia".
1959/60 • A causa di clamorose sconfitte su campi minori, quali Palermo, Alessandria e Padova, il Milan fallisce il bis in campionato (a vantaggio della Juventus). Pure in Coppa dei Campioni non và molto bene; già agli ottavi di finale il Milan viene eliminato dal Barcellona. Le note positive di questo campionato sono l'esordio del grande Gianni Rivera e del mediano Giovanni Trapattoni, scoperto da Malatesta, che proprio nel Milan maturerà tecnicamente per poi diventare quel grande allenatore che tutti conosciamo.
1960/61 • Per la conquista dello scudetto, il Milan combatte in un testa a testa con la Juventus; alla fine purtroppo hanno la meglio i bianconeri. Questa è anche l'ultima stagione di Liedholm, che dà l'addio al calcio (diventerà allenatore).
1961/62 • Il direttore tecnico Viani cambia allenatore, prelevando Nereo Rocco dal Padova. Rivera nel frattempo accusa problemi di fragilità (tanto che il Milan tenta di cederlo), mentre a centrocampo manca un uomo da sostituire al ribelle inglese Jimmy Greaves. Tutti questi problemi sembrano destinare il Milan ad una posizione defilata, ma (prendendo anche qualche rischio) la formazione riesce a risalire la china, battendo negli scontri diretti Inter e Juventus. L'acquisto del centrocampista Dino Sani poi, completa la squadra che, assieme ad un ritrovato Rivera, si appresta a vincere il suo ottavo titolo.
1962/63 • Mentre l'Inter di Herrera e Mazzola si pavoneggia per la conquista dello scudetto, il Milan risponde portando in Italia il massimo trofeo europeo (dato che gli altri prima non erano stati in grado di farlo), tale Coppa dei Campioni, strappandola in finale dalle mani del Benfica (che forse già pensava di portarsi a casa la terza consecutiva). Straordinario protagonista della finale è il capocannoniere Altafini.
1963/64 • In ottobre il Milan partecipa alla Coppa Intercontinetale, che si disputa in due finali, una di andata e un'altra di ritorno, tra le detentrici della Coppa dei Campioni europea e l'analoga coppa sudamericana. I rossoneri affrontano il Santos di Pelè, prima a Milano dove il Milan vince 4-2 e poi a Rio de Janeiro dove lo fanno perdere 4-2. Nello spareggio un rigore inventato consegna la coppa ai brasiliani. Nel frattempo molte cose cambiano al Milan, se ne và Rocco per l'incompatibilità con Viani, Rizzoli lascia la presidenza a Felice Riva. Il campionato viene vinto dal Bologna con il Milan terzo classificato.
1964/65 • In questa stagione esordisce Giovanni Lodetti, naturale sostituto di Sani a centrocampo, scoperto da Viani nelle giovanili del Milan. Il diavolo a fine stagione conquista un buon secondo posto, alle spalle dell'Inter.
1965/66 • Danno l'addio al Milan il direttore tecnico Viani e il centravanti Altafini, che passa al Napoli. I rossoneri finiscono al settimo posto, penalizzati soprattutto dalla perdita per infortunio di Bruno Mora a dicembre. Primi i nerazzurri dell'Inter.
1966/67 • Arriva un nuovo presidente, Luigi Carraro, e un nuovo allenatore, Arturo Silvestri (ex giocatore nelle file del Milan). Esordisce al Milan anche il centravanti Roberto Rosato. In campionato si classifica ottavo alle spalle della Juventus, mentre in Coppa Italia (traguardo di prestigio, dopo la nascita della UEFA) batte tutti conquistandosi il diritto di partecipare nella stagione successiva alla Coppa delle Coppe.
1967/68 • Dopo la morte improvvisa di Luigi Carraro, gli succede il figlio Franco Carraro, che nonostante la giovane età saprà giudare i rossoneri verso nuove conquiste. Senza più Viani con cui litigare, il ritorno di Rocco alla panchina milanista è scontato. L'occasione della Coppa delle Coppe è un invito irresistibile per il triestino: dall'inizio della stagione il "paròn" torna a far grande il Milan. I nuovi acquisti Fabio Cudicini (portiere del Brescia) e Pierino Prati (attaccante del Savona) sono la punta di diamante dell'opera di Rocco. La conquista del nono scudetto (in un campionato giocato d'ora in poi a 16 squadre, fino al 1988) e della Coppa delle Coppe, il 23 maggio a Rotterdam, è l'inizio delle nuove conquiste rossonere.
1968/69 • La scalata all'Europa della stagione precedente non basta di certo al diavolo: l'obbiettivo dichiarato è la seconda Coppa dei Campioni. Questo traguardo distoglie l'attenzione del Milan dal campionato (dove si classifica terzo, prima la Fiorentina), ma ne vale la pena; dopo aver eliminato quadre come il Manchester United e i Ranger Glascow, la squadra affronta i favoriti dell'Ajax, umiliandoli 4-1 con una tripletta di Prati. Il trofeo quindi rientra in Italia grazie al Milan.
1969/70 • In campionato non và oltre il quarto posto (primo il Cagliari) e in Coppa Campioni non và oltre gli ottavi. Il Milan si "accontenta" del titolo di campione del mondo conquistato nel dicembre 1969. La finale di ritorno in Argentina della coppa intercontinentale passerà alla storia per essere quella più violenta mai giocata (la causa è l'argentino Combin che gioca nel Milan; i sudamericani dell'Estudiantes lo considerano un "traditore" e quindi uno da punire). Il risultato è una rissa sia in campo, sia su gli spalti che non impedisce però al Milan di vincere. D'ora in poi la finale diventerà unica e si giocherà in campo neutro (Tokyo).
1970/71 • Dimostratosi Re d'Europa e del Mondo, ora il Milan si concentra sul campionato per portare a casa il decimo titolo, quello della stella. Il primo tentativo và a vuoto, in quanto si classifica secondo, dietro all'Inter.
1971/72 • Anche in questo campionato si classifica secondo, ma probabilmente sarebbe arrivato primo se l'arbitro Michelotti non avesse concesso un rigore molto dubbio (ma determinante) nella partita contro il Cagliari (ovviamente la squadra che se ne approfitta è la Juve, portando a casa lo scudetto). Il fattaccio fà imbestialire Rivera che commenta: "è il terzo campionato che gli arbitri ci portano via [...] probabilmente il Milan che vince dà fastidio a qualcuno". Rivera viene invitato a presentare le prove del complotto contro il Milan, che ovviamente non esistono, e viene squalificato per dieci giornate. Come consolazione i rossoneri vincono la seconda Coppa Italia. La famiglia Carraro lascia la presidenza a Federico Sordillo.
1972/73 • Questa stagione è rimasta alla storia per essere la più grande delusione rossonera: a campionato ormai in pugno e con la Coppa delle Coppe già in tasca, il Milan deve affrontare l'ultima giornata di campionato contro il Verona. Una partita apparentemente facile, ma forse a causa delle energie spese nella finale della Coppa delle Coppe, il Milan perde clamorosamente a vantaggio della solita Juventus che vince contro la Roma (battuta in ogni modo nella finale della Coppa Italia 6-3 d.s.). La sconfitta al Bentegodi scatena un putiferio societario, dirigenti e tecnici si scaricarono l'un l'altro la responsabilità di aver mandato in campo la squadra. In realtà non sapremo mai esattamente chi decise di non rinviare quella partita.
1973/74 • Il Milan accusa il colpo per la mancata conquista: fuori sia dalle coppe, sia dal giro del campionato (settimo posto, prima la Lazio).
1974/75 • I ripetuti fallimenti nella conquista del decimo titolo sembrano innervosire la squadra. Quello che se la prende più di tutti è Rivera, che dichiara una guerra personale contro la società, la quale di contro tenta di cederlo al Torino (per fortuna senza successo). In campionato non ingrana la marcia giusta, rimediando un quinto posto dietro alla Juventus.
1975/76 • In cambio del centrocampista Benetti, la Juventus cede al Milan Fabio Capello, il quale non gradisce di certo lo scambio. Destinato inizialmente alla panchina, viene successivamente rivalutato dall'allenatore Nils Liedholm che lo schiera come titolare. Nuovo presidente: Bruno Pardi; a fine stagione si classifica in terza posizione subito dopo le due squadre piemontesi: Torino e Juventus.
1976/77 • Cambia nuovamente la presidenza, che viene affidata a Felice Colombo. A fine stagione il Milan conquista la sua quarta Coppa Italia, mentre in campionato non và oltre il decimo piazzamento.
1978/79 • In questa stagione finalmente il Milan può cucire sulle proprie maglie la stella, simbolo che corrisponde l'appellativo di "grande". Il tanto agoniato scudetto arriva con sette giorni di anticipo (dopo una lunga lotta con il Perugia di Castagner) soprattutto per i meriti di Liedholm, che ha saputo ridare splendore a Bigon e a Rivera e ha portato alla ribalta Fabio Capello, Aldo Maldera e il 19enne Franco Baresi.
1979/80 • È il 2 marzo 1980. Partita: Milan - Lazio (finita per la cronaca 2-1). "Un Manfredonia stranamente arrendevole", come titoleranno i giornali il giorno seguente, non sembra affatto nascondere quello che diventerà il più grande scandalo mai scoppiato nel campionato italiano: il "calcio-truffa" (Trinca e Luciani, ecco i nomi dei responsabili, pensano bene di convincere i laziali a perdere in cambio della somma di 80 milioni, di cui venti provenienti dalla società rossonera, per il guadagno che sarebbe saltato fuori dalle scommesse). Non è solo questa la partita incriminata, ben undici club e ventotto giocatori vengono coinvolti nel giro, ma il fallimento di un accordo (il pari tra Vicenza - Lecce) annulla o quasi i guadagni spingendo l'oste e il fruttivendolo (Trica e Luciani) a spifferare tutto alla stampa. Così delle società incoscenti e dei giocatori terribilmente ingenui e viziati, portano nel fango tutto il campionato italiano. Le delibere del Caf a fine stagione sono pesantissime: serie B per Milan e Lazio (che avevano concluso il campionato rispettivamente in terza e tredicesima posizione); Avellino, Bologna e Perugia penalizzate di 5 punti; radiati (nel Milan) Albertosi e il presidente Colombo; squalificati Morini (12 mesi) e Chiodi (6 mesi).
1980/81 • Al tecnico Massimo Giacomini è affidato l'ingrato compito di riportare il Milan in serie A. Il traguardo è più difficile del previsto (anche perché la squadra risente psicologicamente dei fatti della stagione passata), ma in ogni modo i rossoneri riescono ad ottenere la promozione.
1981/82 • La direzione della panchina viene affidata a Gigi Radice, il quale però non riesce a far decollare una squadra totalmente priva di carattere. A metà campionato viene chiamato, forse troppo tardi, Italo Galbiati, che deve rimediare ad una retrocessione quasi inevitabile. Il pareggio del Genoa a Napoli è la conferma definitiva.
1982/83 • Italo Castagner viene chiamato per dirigere i rossoneri all'ennesima ricorsa alla serie A. Traguardo raggiunto anche con una profonda campagna di rinnovamento dei reparti; vengono lincenziati giocatori vecchi e stanchi (Collovati, Maldera, Antonelli, Novellino) e ne vengono ingaggiati di nuovi, tra i quali Aldo Serena. A proposito di nuove leve, è da segnalare la fedeltà ai colori rossoneri di Franco Baresi, che nonostanti allettanti offerte degli altri club, non lascerà mai il Milan fino alla fine della sua gloriosa carriera.
1983/84 • Il ritorno in A è più che dignitoso: il quinto posto dietro alla Juventus testimonia un gioco ritrovato, a tratti spettacolare.
1984/85 • Altra stagione discreta, anche se nei piani di Farina c'era la lotta per lo scudetto, non un quinto posto (primo il Verona di Bagnoli).
1985/86 • Milan ancora nei guai. Stavolta non centra nè classifica (settimo posto, prima la Juve), nè "calcio-truffa". È il presidente Farina a tradire il Milan e tutti i dirigenti rossoneri, scappando in sudamerica lasciando la società con un buco di svariati miliardi.
1986/87 • A risollevare un Milan che rischia il fallimento ci pensa Silvio Berlusconi, che con l'aiuto di Gianni Nardi e Rosario Lo Verde, il 24 marzo 1986 assume la presidenza rossonera. Le prime azioni da presidente sono quelle di tappare i buchi di bilancio e riorganizzare la società, poi c'è da sistemare la squadra. Il nuovo allenatore è lo sconosciuto Arrigo Sacchi, prelevato da una serie minore, fautore di un gioco tanto rivoluzionario, quanto difficile da comprendere. La quinta posizione a fine campionato testimonia che gli assetti tattici non sono ancora bene calibrati.
1987/88 • Manca ancora qualcosa al Milan: l'attacco è privo di un bomber e il presidente pensa bene di fare un giro in Olanda. Qui ha la fortuna di trovare due giocatori, Ruud Gullit e Marco Van Basten, che si affretta subito ad acquistare ed a portare in Italia. Nonostante il rinforzo davanti il Milan non riesce subito a decollare; le colpe vengono imputate a Sacchi e a quel suo gioco fatto tutto di pressing, zona e fuori-gioco, che non ha ancora convinto nessuno. Tranne ovviamente Berlusconi, che appena si accorge di malumori nella squadra si precipita negli spogliatoi tuonando: "questo allenatore l'ho scelto io. Chi vuole seguirlo lo faccia, chi non vuole ha chiuso con il Milan". Il chiarimento non lascia dubbi delle intenzioni del presidente, e quasi di magia il Diavolo torna a dominare il campionato, conquistando il suo undicesimo scudetto. Il titolo ovviamente non è frutto solamente di Sacchi e Berlusconi, infatti senza quegli uomini quali il libero Baresi, Carlo Ancelotti e l'esordiente Paolo Maldini l'allenatore non sarebbe mai riuscito a costruire quella difesa leggendaria che tutti ancora oggi tentano di imitare.
1988/89 • L'idea fissa del cavalier Berlusconi è la Coppa dei Campioni (a costo di sacrificarsi al terzo posto nel campionato, ora di nuovo a 18 squadre). Per conseguire l'obbiettivo tenta di ricostituire una specie di Gre-No-Li all'olandese, acquistando Franklin Rijkaard di Amsterdam, riuscendoci alla grande. Rivisitare il percorso di questa Coppa Campioni per ogni milanista è la gioia del cuore: un 5-0 al Real Madrid in semifinale, ma soprattutto un 4-0 la finale contro lo Steaua di Bucarest sono proprio una lezione di calcio per tutti. Come ciliegina sulla torta infine si aggiudica la SuperCoppa Italiana, disputatata tra il vincitore del campionato (Milan) e della Coppa Italia precedente (Sampdoria).
1989/90 • Stagione incredibile per il Milan: Coppa dei Campioni, SuperCoppa Europea, Coppa Intercontinentale (e campionato perso per un soffio). Per prima arriva la SuperCoppa Europea, conquistata ai danni del Barcelona, poi tocca alla Coppa Intercontinentale (Toyota Cup), vinta contro l'Estudiantes, finire nella bacheca rossonera ed infine la Coppa dei Campioni, quella più prestigiosa, viene strappata a Vienna in finale al Benfica (1-0 con gol di Rijkaard).
1990/91 • Nonostante la conquista della terza Coppa Intercontinentale contro l'Olimpia Assuncion e della seconda SuperCoppa Europea contro la Sampdoria di Boskov, il Milan viene contestato per il secondo posto in campionato (dietro proprio la Sampdoria) e soprattutto per l'uscita ai quarti in Coppa Campioni (la scelta di abbandorare il campo a Marsiglia per la mancanza dell'illuminazione costa cara al Milan, che viene escluso dalle coppe per un anno). L'avventura con Sacchi è finita, il prossimo anno il tecnico andrà a preparare la Nazionale per i prossimi campionati del mondo, mentre Fabio Capello esordisce come allenatore.
1991/92 • La scelta di Capello appare più azzeccata del previsto: utilizzando lo stesso 4-4-2 sacchiano, la squadra saprà rinnovarsi con i nuovi arrivati Sebastiano Rossi e Gianlugi Lentini, e le conferme di Demetrio Albertini, Alessandro Costacurta e Roberto Donadoni. Nessuna squadra riesce ad opporsi al questo Milan delle meraviglie; i divari con le altre squadre per la conquista dello scudetto sono addirittura imbarazzanti, otto punti sulla Juventus e tredici sul Torino.
1992/93 • Altri acquisti importanti: arriva il montenegrino Dejan Savicevic, il francese Jean Pierre Papin, il croato Zvonimir Boban, oltre a Stefano Eranio e Nando De Napoli. La stagione inizia bene in estate, con la conquista della SuperCoppa di Lega. Ma come negli altri anni è la difesa comandata da Baresi e Maldini a contriubire in maniera decisiva alla conquista del tredicesimo scudetto, oltretutto senza mai perdere in trasferta. Le gioie dello scudetto vengono però zittite da un ritiro ormai inevitabile. Nonostante la giovane età, il centravanti più bravo del mondo, Marco Van Basten, è costretto ad arrendersi ad una caviglia maledetta, arrestando a soli 28 anni la sua carriera che sarebbe potuta tranquillamente arrivare ben oltre.
1993/94 • I record continuano ad essere battuti: SuperCoppa Italiana, Scudetto e Coppa dei Campioni. Neppure i bianconeri della Juventus non sono mai riusciti a vincere nella stessa stagione Coppa Campioni e campionato. Ma non basta, Baresi e compagni si portano a casa il titolo italiano incassando solo 15 gol e Rossi si vede battuto solo dopo ben 929'. È veramente il massimo che si può ottenere da una squadra.
1994/95 • Viene rivoluzionato il campionato introducendo i tre punti in caso di vittoria. Dopo tanti successi i rossoneri sembrano stanchi e appagati. Il ciclo Capello sembra terminato e la Juventus di Lippi se ne approfitta aggiudicandosi lo scudetto. Per il Milan arrivano altre due SuperCoppe, quella italiana e quella europea (briciole in confronto ai trofei della stagione scorsa).
1995/96 • La squadra che ha vinto tutto è chiamata ancora una volta a ripetersi. Il presidente Berlusconi, dato che con i tre punti i pareggi diventano delle mezze-sconfitte, ingaggia due attaccanti con caratteristiche totalmente diverse: il potente liberiano George Weah e il fantasista juventino Roberto Baggio. Prima di lasciare Milano destinazione Real Madrid, l'allenatore Capello lascia un buon ricordo di sè regalando il quindicesimo e ultimo scudetto tricolore della sua gestione.
1996/97 • Viene chiamato alla guida della panchina rossonera il tecnico uruguayano Oscar Washington Tabarez, che non riesce però a far decollare una squadra dai troppi risultati altalentanti. Per cercare di porre rimedio viene richiamato in corsa Arrigo Sacchi, reduce dai fallimenti della Nazionale ai mondiali e agli europei. Ma neppure il grande tecnico di Fusignano riesce a mettere una pezza ad un campionato già compromesso. Alla fine anche Franco Baresi, dopo vent'anni di carriera, getta definitivamente la spugna. La società lo ripaga regalandogli un enorme pallone d'oro e decidendo di non usare più il suo numero (il sei) nelle proprie maglie, come per i grandi campioni del football americano.
1997/98 Il grande colpo dell'estate è il ritorno alla panchina milanista di Capello, dopo i successi in Spagna. Il Milan però non riesce ad ingranare la marcia giusta in campionato e per guadagnare l'Europa punta tutto sulla Coppa Italia. Arriva in finale, eliminando squadre di tutto rispetto come il Parma e l'Inter, ma contro la Lazio si infrange definitivamente il sogno europeo. Le dichiarazioni di Capello, sempre più pesanti, fanno capire ormai che non c'è più armonia nello spogliatoio e l'esonero dorato di Capello è inevitabile.
1998/99 • Dopo le due deludenti stagioni precedenti, la dirigenza decide di cambiare radicalmente direzione ingaggiando l'allenatore dell'Udinese Alberto Zaccheroni. Con lui arriva il suo fedelissimo, Olivier Bierhoff, capocannoniere 1997/98. Tali sono le modifiche tattiche da adottare alla squadra, che viene preventivata una stagione di transazione per evitare future brutte figure. Il lavoro di Zaccheroni inizia presto e continua durante il campionato; il Milan comunque non convince anche se naviga sempre tra la terza e la quarta posizione. Dopo la pesante sconfitta contro il Parma il Milan sembra rinunciare definitivamente allo scudetto, puntando ad un più abbordabile posto in Champions League. Ma così non sar&agrava;: dopo un lungo letargo i rossoneri si svegliano nella primavera destinata ad entrare nella storia. Dopo una lunga rincorsa alla Lazio capolista costernata di risultati positivi interrotti solo dalla sconfitta contro la Roma, avviene un inatteso sospasso alla penultima giornata, grazie al passo falso biancoazzurro a Firenze. Basta la vittoria a Perugia, la domenica successiva, per consegnare il sedicesimo scudetto al Milan.
1999/2000 • La leggenda continua...
Il cigno di Utrecht


Nome: Marcel "Marco" Van Basten
Data di Nascita: 31 Ottobre 1964
Luogo di Nascita: Utrecht, Paesi Bassi
Altezza: 188 cm
Peso: 78 kg
Numero maglia: 9
Piede preferito: destro

Soprannome: "il cigno di Utrecht" (soprannome datogli dal celebre commentatore televisivo Pellegatti
)

Biografia di Marco Van Basten

Marco Van Basten
La classe e la perfezione


Le squadre di Van Basten
1970 - 1971 Edo
1971 - 1980 UVV
1980 - 1981 Elinkwijk
1981 - 1987 Ajax
1987 - 1995 AC Milan


Trofei Personali:
Miglior Marcatore nella Maggiore Divisione Olandese, 4 volte (1984, 1985, 1986, 1987)

Miglior Marcatore della Serie A Italiana, 2 volte (1990, 1992)

Migliore Giocatore Europeo, 3 volte (1989, 1990, 1992)

Migliore Giocatore del Mondo, 1988

Miglior Marcatore d'Europa, 1986

Miglior Marcatore e Migliore Giocatore del Campionato Europeo, 5 goals nel 1988

La carriera nell'Ajax:
L'Ajax è stata la prima grande squadra in cui Van Basten potè mostrare le proprie capacità.
Marco Van Basten esordisce nell'Ajax a soli 17 anni nel 1981-1982. Entra dalla panchina per sostituire nientemeno che Johan Cruyff, superasso dell'Ajax anni '70. Fu proprio Cruyff ad indicare Marco come suo sostituto e per riconoscenza Van Basten si presentò subito con un gol al suo debutto. Nel campionato 1982-1983 gioca già con più regolarità totalizzando 9 gol su 20 presenze. Nel campionato seguente l'exploit a soli 19 anni: 26 presenze e 28 gol. A seguire altre tre stagioni indimenticabili. Nel 1985-1986 diventa scarpa d'oro. Nel 1986-1987 l'Ajax partecipa alla Coppa delle Coppe, vinta in finale grazie ad un gol di testa di Marco, che poi conquisterà anche il premio "Bravo 1987" per miglior giocatore delle coppe europee. Grazie a questi anni in cui totalizza 133 presenze per 128 gol, Van Basten viene notato ed acquistato dal Milan, che lo soffia all'ultimo istante alla Fiorentina anch'essa colpita dalle enormi doti e dalle eleganti movenze del giocatore. Van Basten vinse con l'Ajax:

Campionato di Prima Divisione d'Olanda, 3 volte (1982, 1983, 1985)

3 Coppe d'Olanda (1983, 1986, 1987)

1 Coppa delle Coppe 1987

143 presenze, 128 goals (90%)

La carriera nel Milan:
Con il Milan, gigante del calcio italiano, Van Basten raggiunse il punto saliente della propria carriera.
Nella stagione 1987-1988 Marco gioca nel Milan. Viene accolto alla grande dai tifosi e subito li ripaga segnando 5 gol in 4 partite di Coppa italia e trasformando il rigore alla prima giornata il 13 Settembre 1987 nel suo esordio contro il Pisa. Qui però comincia ad avere problemi: la caviglia fa male e si deve operare, saltando così sei mesi di campionato. L'avvio è dunque difficile ed il suo ritorno ufficiale in panchina è in primavera il 10 aprile 1988 per Milan-Empoli a San Siro. E' in panchina dunque dopo sei mesi di stop. La partita non riesce a sbloccarsi e la rincorsa del Milan sul Napoli sembra arrestarsi, quando all'improvviso mescolato tra i giocatori che entrano in campo per il secondo tempo vi è pure Marco, con il numero 16 pronto a giocare i primi 45 minuti dopo l'infortunio. Passano solo 15 minuti che porta in vantaggio il Milan. Qui ricomincia la sua carriera e il 1° Maggio 1988 al San Paolo di Napoli realizza la terza rete dei rossoneri che vincono così partita e scudetto.
Ma come detto Marco ha qualcosa in più degli altri : le sue fragili caviglie che lo costringono a scendere in campo sempre in condizioni menomate: nei fatti negli anni italiani Marco è meno costante dal punto di vista realizzativo.

Qualcuno vuole dare la colpa agli schemi di Sacchi e monta una presunta incompatibilità tra i due. Ma la realtà purtroppo è un altra. Farà in tempo a vincere un altro pallone d'oro ,2 scudetti con Capello, uno nell'ultima sua stagione quella del 1992-93. A metà campionato le sue caviglie non reggono più...Capello forza il suo recupero per la finale contro l'Olimpique Marsiglia e Marco in condizioni davvero pessime viene preferito a Gullit che và in tribuna(in campo con Van Basten c'è Papin...a proposito di grandi centravanti). Il Milan gioca male (come al solito con Capello) ma a differenza delle altre volte al difesa viene perforata da un gol di testa di Boli su calcio d'angolo.

Marco non sta in piedi e il Milan non ha la forza per reagire. Mentre Marco esce deluso dal campo non sa di certo che quella è la sua ultima partita. Non giocherà mai più .

A 29 anni si ritira, le sue caviglie non sono in grado di sostenere un attività agonistica, Marco rischierebbe di non poter più camminare. Col Milan vince 3 campionati (il quarto è solo simbolico visto che non scende mai in campo), 2 coppe campioni (più una simbolica ) tre supercoppe italiane (più una), due supercoppe europee e due coppe intercontinentali collezionando 147 presenze e 90 gol. Nell'estate del '94 getta la spugna dopo un anno di speranze deluse:lascia il calcio.

Destro naturale longilineo asciutto ma potente(188 cm per 78 kg), fisico elastico, corsa veloce sia nello stretto che nell'allungo era un centravanti completo...il centravanti completo. Bravo di testa, con entrambi i piedi in acrobazia, sui calci da fermo, sapeva venire incontro e andare dentro, aveva il tempo della giocata ,faceva la cosa giusta nel momento giusto...segnava tanto ma non era egoista. Aveva la tecnica del trequartista, cercava l'uno due, ma sapeva fare reparto da solo. Van Nistelrooy, Kluivert, Henry, Ibrahimovic sono suoi figli. Dopo di lui esiste un prototipo di centravanti ideale. Non solo un finalizzatore ma un membro a tutti gli affetti della squadra. Un giocatore a tutto campo e a tutto tempo. Una parte di un insieme. Che tristezza vedere considerati grandi attaccanti dei parassiti che aspettano la palla dentro l'area piccola! I grandi centravanti sono come te...quasi come te...Grazie Marco!

Marco vinse con il Milan:

4 Campionati Italiani (1988, 1992, 1993, 1994)

3 Coppe dei Campioni (1988, 1989, 1994)

4 SuperCoppe Italiane (1988, 1992, 1993, 1994)

3 SuperCoppe Europee (1989, 1990, 1994)

2 Coppe Intercontinentali (1989, 1990)

147 presenze, 90 gol (61%)

La carriera in Nazionale:
La carriera di Van Basten nella Nazionale Olandese non fu così fortunata come quella nei Club.
Ognuno fu deluso per quello che la squadra fece ai Campionati Mondiali di Italia '90.
Marco vinse solo un campionato Europeo con l'Olanda, nel 1988. Due anni dopo, i Paesi Bassi, erano considerati i favoriti dei Mondiali, al contrario la loro prestazione fu una totale delusione.
Siam venuti fin qua per vedere segnare Kakà


Nome Ricardo Izecson dos Santos Leite

Nazionalità

Brasilliana

Nato

22 aprile 1982 a Brasilia

Ruolo

Centrocampista

Nr. di maglia

22

Squadra

Milan

Altezza

186 cm

Peso

73 kg

Soprannome Kakà
Esordio in Serie A Ancona-Milan (01/09/2003)
Piede preferito destro

Kaká è un centrocampista offensivo arrivato al Milan nell'estate del 2003 promettendo di "combinare la fantasia brasiliana con la disciplina tattica del calcio europeo".
Quando è arrivato al Milan, i tifosi aspettavano Stam. Proprio così, nell'estate immediatamente successiva al trionfo di Manchester contro la Juventus, i sostenitori rossoneri, nella stragrande maggioranza dei casi, ritenevano che la squadra avesse bisogno del grande ritocco olandese in difesa.
E invece Kakà. Tutto il contrario del gigante di Kampen. Non un difensore alto, esperto e risoluto, ma una promessa, un trequartista in fieri, un giovane palleggiatore con doti fuori dal comune. Stam può attendere, se ne riparlerà un anno dopo. Intanto tifosi perplessi su Kakà: ma abbiamo già Rui Costa e Rivaldo...Sono bastati pochi momenti ed è


nato tutto. L'attimo di Cesena con il National di Bucarest, l'altro attimo di Ancona all'esordio in campionato e la scintilla è scoccata subito. Ha le stimmate, con la sua carica di freschezza e novità contagia i compagni, manda in brodo di giuggiole l'ambiente. Era dai tempi di Van Basten che...

Tutto è sgorgato così con Kakà, inaspettato, nuovo. Doveva essere un piccolo e giovane lusso, un ragazzo di belle speranze da svezzare e invece è diventato mister dieci anni. Si dice sempre così in estate o giù di lì, per dieci anni sarà il fantasista del Milan. Come per Nesta tre anni fa, per dieci anni sarà il nostro difensore centrale. Come per Gilardino oggi... Ma torniamo a Kakà. Non un fulmine, ma un arcobaleno a ciel sereno. L'atmosfera dell'ambiente rossonero era ottima per la vittoria in Champions League eppure, appena arrivato, il talento di Brasilia ha subito fatto vedere cose importanti e fuori dal comune. Tutti, in campo, in tribuna stampa, sugli spalti e nei salotti di casa, abituati bene: magie, gol, rifiniture pregiate. Fino ad uno scudetto in cui la griffe di Kakà è molto vicina al triangolo tricolore conquistato comunque da tutti i suoi compagni.

Kaká è nato a Brasilia il 22 aprile 1982, ma già da piccolo si è trasferito a San Paolo, nel quartiere residenziale di Morumbi.
La storia di Kaká non è la solita favola del ragazzino che mangia riso e fagioli con qualche dramma familiare alle spalle. Il contrario. La famiglia appartiene alla media borghesia. Il padre di Kaká è un ingegnere civile, il signor Bosco Izecson Pereira Leite, mentre la mamma Simone Cristina dos Santos Leite è una professoressa. Non hanno avuto problemi nel mettere insieme il pranzo con la cena, anzi da ragazzo Kaká si poteva permettere anche qualche maglietta firmata ed alcuni videogame all'avanguardia.

E siccome nelle giovanili del San Paolo con lui c'erano tanti ragazzi poveri, spesso dopo l'allenamento tutta la garotada (espressione brasiliana che indica un gruppo di adolescenti festosamente rumorosi) andava a casa Leite a fare merenda: 1400 metri a piedi per sgranocchiare le ciambelle di mamma Simone Cristina.

Forse proprio per queste origini borghesi, in Brasile non hanno mai avuto certezze sul suo futuro.
Di buon carattere e famiglia solidissima, crede alle tradizione ed è religiosissimo.
Kaká è sicuro di essere stato graziato da Dio quando nell'ottobre del 2000 ebbe un incidente che avrebbe potuto lasciarlo paralizzato. Kaká batte infatti la testa sul fondo di una piscina e si ruppe una vertebra del collo. Da allora, ogni volta che segna una rete, mentre la gente lo acclama e i compagni gli si buttano addosso, si ricorda di quel momento e alza gli occhi al cielo.


Nel gennaio del 2001 la squadra juniores del San Paolo fu protagonista della Coppa San Paolo di calcio giovanile, l'equivalente del Torneo di Viareggio. Ma Kaká era in panchina, non giocava mai.
Il 7 marzo dello stesso anno, la prima squadra del San Paolo giocava contro il Botafogo la finale della Copa Rio-Sao Pãulo, torneo che non aveva mai vinto.
Al 14' del secondo tempo l'allenatore Oswaldo Alvarez lo mise in campo al posto di Fabiano scatenando la reazione scandalizzata dei commentatori radiotelevisivi: "Incredibile! Alvarez està louco, Alvarez è pazzo, ha buttato in campo una riserva delle giovanili".
Quel giorno Kaká segnò 2 gol in poco più di 2 minuti, regalando il trofeo alla sua squadra. E Oswaldo ricorda quel giorno con il sorriso sulle labbra: "La gente non sapeva che Kaká arrivava da una lunga convalescenza. Nel 2000 si era rotto la sesta vertebra sbagliando un tuffo in piscina in un parco acquatico. Ma io sapevo che era fortissimo".


Quei 2 gol non bastarono per convincere tutti. Non ci credevano tanto, se è vero che nei quarti di finale del campionato brasiliano del 2001 contro l'Atletico Paranaense, dopo essere stato inseguito per tutto il campo dal randellatore Cocito, costrinse il suo allenatore a sostituirlo al 39' del primo tempo. Kaká uscì piangendo a dirotto e la critica lo stroncò: "E' bello da vedere, ma non può giocare partite importanti".

Quelle lacrime disperate lo resero ancora più simpatico alle ragazzine, che in Brasile in questi anni hanno fondato numerosissimi fan club dedicati a lui.
Troppo bello per essere vero dicevano. L'unico che ha sempre creduto in lui è Carlos Alberto Parreira. Lo affrontò la prima volta e gli fece i complimenti, lo affronto la seconda volta e disse : "Quel Kaká diventerà un fenomeno" ...

Ha partecipato con la nazionale brasiliana ai Campionati del Mondo Juniores FIFA del 2001 prima di vivere nel 2002 una stagione memorabile culminata con l’esordio con la nazionale maggiore contro la Bolivia e con la partecipazione alla Coppa del Mondo FIFA.
Successivamente ha partecipato con l’Under 23 brasiliana alla Coppa d'Oro CONCACAF del 2003, persa in finale contro il Messico. Nel 2005 è stato protagonista nella vittoria brasiliana nella Confederation Cup.

La prima presenza nella Seleçao risale al 31 gennaio 2002 (Brasile - Bolivia 6 - 0). Finora in maglia verdeoro ha disputato 26 partite e segnato 7 reti. A queste se ne aggiungono 10 con 7 gol nell'Under 23, con cui ha raggiunto la finale della Gold Cup del 2001, e 5 partite e una rete nel Mondiale di calcio Under 20.

Ha esordito nel Milan nella stagione 2003-2004, nella partita Ancona - Milan 0-2 del 16 agosto 2003. In tale stagione ha segnato 10 reti in campionato, contribuendo alla vittoria dello scudetto, e 4 in Champions League. Nella stagione successiva, dopo la vittoria in agosto nella Supercoppa Italiana, ha messo a segno 7 reti in campionato e 2 reti in Champions League.

Poi, un'estate fa, la seconda. All'inizio del secondo anno i tifosi si fregano le mani, c'è Kakà. Ci farà vedere ancora di più. Il vento però cambia direzione. Qualche palo di troppo e le tante ammonizioni rimediate dagli avversari per falli su di lui, si fanno sentire. La preparazione è diversa, la prima interamente concepita a Milanello con lui e per lui, e per finire ci si mette anche un pizzico di pubalgia galeotta. A quel punto Kakà propone sostanza: assist, aiuti a centrocampo, movimenti più coordinati. Nell'enorme loggione del calcio giocato e parlato, però, non tutti colgono e non tutti accettano. Ricky naviga nel mare dell'utilità e della razionalità fino a marzo, poi torna a magie mostrare. Certi assist di Champions League, fra Psv e Liverpool, sono ai limiti del calcio.

Nella stagione 2005-2006 ha giocato su altissimi livelli. Ha segnato un meraviglioso gol in occasione della partita di Champions League Milan-Fenerbahçe 3-1 del 13 settembre 2005, quando, correndo palla al piede, ha superato in dribbling tre avversari e ha scagliato un rasoterra imparabile per il portiere.

In nazionale Kaka è una delle colonne portanti insieme a Ronaldinho e Adriano: i tre costituiscono il "Trio delle meraviglie".

Curiosita

Origine del nome: il nome Kakà è una storpiatura del nome Ricardo, che il fratello minore di Kakà, Digão, non riusciva a pronunciare quando era piccolo.


Originariamente il nome veniva storpiato in Cacà, ma poi Ricardo sostituì la lettera "c" con la "k".
Il 23 dicembre 2005, a San Paolo del Brasile, di fronte a 600 invitati nella chiesa Renascer em Cristo, con una cerimonia molto sobria Kakà ha sposato la fidanzata di sempre Caroline Celico, di 5 anni più giovane.
Kaká è attualmente il più giovane Ambasciatore contro la fame del PAM, il programma alimentare mondiale dell'ONU.
Ha un braccialetto di metallo con la scritta "Jesus" e un nastrino di stoffa con le lettere "OQJF" ("O que Jesus faria?", cioè "Cosa farebbe Gesù al mio posto?").
Ha fatto personalizzare le sue scarpe da calcio dall'Adidas con la frase "Dio è fedele".
Sulla porta della sua stanza a San Paolo c'era scritto "Un bambino felice ha Gesù nel cuore".
La sua segreteria telefonica dice: "Sono Kaká. Al momento non posso rispondere. Grazie. Dio ti benedica. Ciao".
L'8 aprile di quest'anno (2006) Ricky ha segnato la sua prima tripletta con la maglia del Milan nella partita giocata a Milano contro il Chievo Verona (vinta dal milan 4-1)

Il primo gol importante nelle coppe europee segnato da Ricky e' stato un gol importantissimo e bellissimo. Il Milan giocava a Bruges e si trovava in inferiorità numerica a causa dell'espulsione di Nesta. Sembrava dovesse finire in pareggio, ma ad un certo punto ecco venir fuori la prodezza: fantastico pallonetto-cross dalla destra di Cafu per Ricky che dal limite, di piatto destro al volo mette il pallone sotto la traversa alla sinistra del portiere avversario Verlinden. Un gol splendido

Domenica 7 maggio 2006 al Tardini di Parma, Ricky, con il gol al Parma, ha segnato il suo 30esimo gol con la maglia del Milan (13esimo in campionato di questa stagione e 17esimo in questa stagione) in 100 presenze. Kaka poi segnerà anche nell'ultima partita di campionato su rigore, in casa contro la Roma.

Dopo un'estenuate estate 2006 dove praticamente ogni giorno i giornali spagnoli lo indicavano come obbiettivo primario per la nuova dirigenza del Real Madrid, anche se per altro aveva gia sottoscritto un rinnovo prima dei mondiali 2006 con il Milan e più volte aveva annunciato di non volersene andare dal Milan, Kaka ha rimandato al mittente tutte le malevoci giocando il preliminare d'andata di Champions League con il Milan il 09.08.2006.

Mondiali 2006

Nella prima partita del Brasile ai Mondiali 2006, Kakà ha segnato un grande gol con un pregevole tiro dalla distanza, rete che ha permesso ai brasiliani di battere la Croazia.
Il Brasile però è stato eliminato ai quarti di finale dalla Francia, ma per i media Kakà è stato l'unico componente del "quartetto magico" (Kakà, Adriano, Ronaldo e Ronaldinho) a ben figurare al Mondiale.

Stagione Squadra Pres. Gol Min. Ammoniz.

2005/2006 MILAN 35 14 1
2004/2005 MILAN 36 7 3052 5
2003/2004 MILAN 30 10 2355 5
Totale in A 101 31 8010 11

Palmares
1 Coppa del Mondo FIFA (2002)
1 Campionato italiano (2004)
1 Confederations Cup (2005)
1 Supercoppa europea (2003)
1 Supercoppa Italiana (2004)
1 Supercampionato Paulista (2002)
1 Torneo Rio - San Paolo (2001)

campioni d'Europa!



1963
1969
1989
1990
1994
2003
2007

E l'inter?

Alè alè alè
Milan
alè forza lotta vincerai
non ti lascieremo mai!!!!

Maciniamo chilometri... Superiamo gli ostacoli... POLAVENO IN FONDO AL CUOR!!!
VOULEZ VOUS, VOULEZ VOUS PATO'?



Lo chiamano Pato, “il papero”, affibbiatogli in infanzia per il nome del suo paese nativo (Pato Branco, nello stato del Paranà, paese che ha dato i natali ad un monumento del calcio brasiliano, il portiere goleador Rogerio Cèni), ma anche per questo buffo aspetto che ricorda un cartone animato. Il suo nome è Alexandre Pato, viso da bambino, i capelli impomatati alla Cristiano Ronaldo, e ha fatto impazzire i club di mezzo mondo. Il 18enne attaccante ora del Milan, ha già battuto Pelè: è il più giovane marcatore di sempre in una competizione ufficiale Fifa( 17 anni e 102 giorni). Non solo: è campione del mondo di club dopo aver battuto il blasonato Barcellona nella finale della ex Coppa Intercontinentale a Tokyo, ricevendo da Ronaldinho la solenne investitura come suo possibile erede.
Per qualcuno è il nuovo Ronaldo, per altri l’erede del blaugrana, in patria ricorda un incrocio tra Romario e Bebeto: per rendergli giustizia, probabilmente sarebbe meglio valutarlo semplicemente come Pato Alexandre, un predestinato a diventare qualcuno con il suo nome e i suoi lampi di genio, le accelerazioni e i gol, i tacchi e i cucchiai.

Il Milan l’ha voluto fortemente sin dall’inizio del calciomercato, superando sempre la concorrenzaa di altre società. Quindi ennesimo affronto tra Milan e Inter.
Ma conosciamo meglio il giovanissimo talento brasiliano:
NOME: Alexandre Rodrigues da Silva
NATO: 2 settembre 1989 Pato Branco
NAZIONALITA’: Brasile
ALTEZZA: 179 cm
Pato inizia sin da piccolo a giocare a calcio a 5. Presto le sue abilità divengono note in tutto lo Stato del Paraná e nel 2002 si trasferisce a soli 13 anni a Porto Alegre, Rio Grande do Sul, per entrare nelle giovaniili dell’Internacional.
Pato esordì contro il Palmeiras il 26 novembre 2006 segnando una rete, colpendo una traversa e fornendo 3 assist ai suoi compagni; dopo questa sua prima partita in prima squadra è stato convocato per la semifinale del Mondiale per Club, poi vinto dal suo Internacional, contro l’Al-Ahly. Segnando un gol in questa partita Pato ha battuto il record di Pelé come il più giovane marcatore della storia in una competizione ufficiale FIFA (17 anni e 102 giorni, contro i 17 anni e 239 di “O Rey” nel Mondiale ‘58 contro il Galles)

Pato è uno dei giocatori più ricercati nel calciomercato estivo 2007: il 14 luglio il suo agente, Gilmar Veloz, ha dichiarato che per Pato c’erano 4 offerte da parte del Chelsea, Milan, Inter e Real Madrid e che Pato avrebbe deciso in quale club andare.

Il 2 agosto, all’età di 17 anni, viene acquistato dal Milan per 22 milioni di euro. A causa delle leggi internazionali potrà giocare partite ufficiali con il suo nuovo club solo a partire dal 3 gennaio 2008. Il nuovo talento del calcio mondiale si allenerà fino a quella data con il Milan, con la possibilità di affrontare partite amichevoli a partire dal 3 settembre, quando sarà diventato maggiorenne. Il giocatore ha firmato un contratto quinquennale da circa 2 milioni di euro a stagione con il club rossonero.